La riproducibilità di un’opera è ormai cosa comune;
la fotografia stessa nasce per la ripetizione anche infinita di sè.
L’istantanea come creta grezza, materia originale da elaborare,
parte di un insieme e non opera finita;
riproposta e riutilizzata sino a trasformarsi
in una nuova immagine, diversa, più forte,
più lontana dalla semplice osservazione dell’originale.
Lo scatto integro che diventa dettaglio;
moltiplicato, accoppiato, ruotato, crea un nuovo originale
generato da sè stesso
ma con un diverso significato
e una forza espressiva trasversale
alla sua stessa primigenia.
© Stefano Zardini
A work’s reproducibility is now commonplace;
photography itself comes from an infinite repetition of itself.
The shot is like a piece of raw clay, a material to be worked on,
part of a set and not a finished work;
presented and used over and over until it transforms
into a new image; different, stronger,
further from the simple observation of the original.
The whole shot that becomes the detail;
multiplied, flipped, rotated, it creates a new original
generated from itself
but with a different meaning
and an expressive force that is transverse
to its own primitive nature.
© Stefano Zardini